La foto su facebook

“Strano che non se la ricordino”
Penso leggendo i commenti dei miei ex compagni alla foto del pranzo di classe, poche settimane prima della maturità, che ho postato su facebook. Roba di una trentina di anni fa. E nessuno si ricorda chi sia la ragazza parzialmente voltata verso di me che sta fra l’Emanuela in piedi e Tino accucciato in prima fila.
Strano non la ricordino.
Qualcuno di loro storse il naso quando dissi che l’avrei portata e chissà quanti commenti al vetriolo fecero alle mie spalle. Nessuno di loro l’aveva vista prima, nessuno l’avrebbe vista poi.
Ma in quel periodo io e Carmen eravamo insieme tutte le volte che potevamo: ogni separazione mi pareva dolorosa ed eterna. Capita, a diciannove anni.
Era comparsa un giorno dal nulla. In un corteo di studenti nei giorni tragici del sequestro Moro.  All’improvviso me la vidi accanto.
La notai subito e insieme a me tutti i maschi del corteo.
Non si notava solo perché era bella ma perché emanava una luce forte ed intensa. A pensarci ora sembrava ricalcata con l’evidenziatore. Aveva qualche anno più di me.
La manifestazione finiva con l’assemblea nell’aula magna dell’università. Feci il mio intervento poi sedetti sulla scalinata ascoltando gli altri.
Lei posò una mano sulla mia e mi guardò. Solo allora notai quanto fossero grandi i suo occhi verdi.. Ci andai dentro e come nelle sabbie mobili non riuscì più ad uscirne.
Non era d’accordo con me, mi disse. La violenza fa parte della storia, o lo fai o la subisci, aggiunse. Bloccò i miei tentativi di ribattere, dicendo che doveva andar via.
Se volevo ne potevamo parlare più tardi e mi invitò per la sera nella casa che divideva con altri compagni nel centro, in via Idomeneo, vicino a porta Napoli.
Volevo.
Mangiammo una pizza piegata in due, come usava allora, seduti sul suo letto, mentre la voce di Mike Buongiorno che poneva la ferale domanda “Handicap o Cavallino?” arrivava attenuata dall’appartamento accanto.
Per due mesi ci vedemmo tutti i giorni anche se era sempre lei a decidere dove, quando e per quanto.
Avevo molto da imparare in amore. Fu una maestra paziente. Io fui scolaro pieno d'entusiasmo e molto volenteroso di apprendere.
Quando le parlai della gita e del pranzo, insistette per venire. Non capii mai bene perché. Non era riuscita ad andare a quella della sua classe, si giustificò.
Al ritorno dalla gita, distesi sul letto in via Idomeneo, mi disse che doveva partire. Le chiesi, ancora tranquillo, quando sarebbe tornata. Iniziai ad aver paura quando mi disse che non sapeva, cominciai a tremare quando mi resi conto che aveva impacchettato tutte le sue cose liberando la stanza, precipitai nella disperazione quando scorsi i suoi occhi che sapevano di addio.
Non la rividi più.
Dieci giorni prima dell’esame di maturità, mentre annoiavo la Titti parlandole della ginestra di Leopardi, mi cadde l’occhio sul titolo della Gazzetta del Mezzogiorno. In uno scontro a fuoco a Genova con i carabinieri del generale Della Chiesa, una terrorista delle BR era stata colpita a morte. Il suo nome era Carmen Santoro.
Una parte di me si dissolse a Genova con lei.
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 “Papà, allora i tuoi amici si sono accorti del trucco?”
“Shiiii..che sto scrivendo potrebbero leggerci….”
Mia figlia è una maga di Photoshop con cui riesce a fare le cose più difficili. Lavorando su una mia foto e’ riuscita persino a farmi più magro.
Quando le ho chiesto se per scherzo riusciva ad inserire una sconosciuta nella foto di classe, ha detto che sarebbe stato uno scherzo per lei. Nessuno s’accorgerà di nulla, aggiunse. E così è stato: per giorni i miei ex-compagni hanno discusso di una ragazza che non esiste, una ragazza virtuale.
E poi ho raccontato loro una storia incredibile, la storia di Carmen.
“Ma la foto dove l’avevi presa? Era perfetta, abbigliamento dell’epoca, acconciatura anni settanta, il volto che non si vede completamente..”
“In un sito, uno sulla storia del movimento studentesco”.
“Bravo papy, bello scherzo”.
Tecnicamente ho detto la verità, come sempre alle mie figlie.
Solo che il sito dove vi sono ricordi del movimento studentesco è in una scatola di cartone in cima al mio armadio. Fra le altre cose, avevo messo la foto di Carmen e la lettera che mi mandò pochi giorni dopo la sua partenza.
Non la vedevo da quando le avevo detto che non potevo portarla al pranzo di fine anno della III E. C’eravamo messi d’accordo perché nessuno portasse ragazzi o ragazze.
Al ritorno la cercai inutilmente. In via Idomeneo non c’era nessuno.
Pochi giorni dopo mi arrivò la sua lettera. “Lo so che non sei d’accordo, lo so che in altre circostanze mi avresti addirittura denunciata, ma io entro in clandestinità. Sono stati due mesi splendidi. Ti prego di distruggere questa lettera dopo averla letta, se te la trovano potresti passare dei guai”.
Io invece avevo conservato tutto, la lettera e la foto sopra l'armadio, lei dentro di me.
Non so bene perché, ma l'altro giorno, prima di dare la foto a mia figlia, ho finalmente bruciato la lettera.

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